giovedì 31 gennaio 2013

memories...Giorgio Armani

Pesco nei ricordi questa piccola storia.
Sono fatti accaduti tanto tempo fa, in una notte che per vari motivi avrebbe cambiato la mia vita, in un anno dei peggiori della mia vita...

Ho incontrato Giorgio Armani per caso, ad un concerto.
Stavo prendendo posto quando all’improvviso ho visto il silenzio cadere come un lenzuolo candido che copre tutto, la tribuna che si volta all’unisono verso un punto, una testa bianchissima e un volto sorridente.
E un applauso che si leva spontaneo.
Immagino che sia questo il genere di accoglienza che si tributa a un Re.
E del resto se vado a pescare nei miei ricordi infantili, nel mio immaginario di bambina, la mia Idea di Re è perfettamente incarnata dalla testa alta, il sorriso paterno, l’incedere leonino di Giorgio Armani…
Mi avvicino a passi incerti.
E’ seduto, i gomiti appoggiati alle ginocchia, gli tocco la spalla: “Giorgio?”, alza gli occhi mi guarda, sorride “Ciao cara!”…come se mi conoscesse da sempre…E infatti mi conosce da sempre, conosce da sempre tutte le donne e gli uomini, anche perché altrimenti come spiegheresti la sua capacità di creare da 30 anni seconde pelli che forse solo per svista divina non sono la nostra pelle davvero?

Quando lo vedi in televisione Giorgio Armani è un uomo bello, atletico, abbronzato…Quando lo vedi dal vivo ti accorgi che è un uomo bellissimo. Sarà quella passione che ha negli occhi, la raffinatezza e l’eleganza che ha nel muoversi, nella voce, i pantaloni blu che gli stringono la vita, aderiscono alle cosce e si aprono sulle gambe, la maglietta nera attillata e le scarpe bianche da ginnastica, tocco casual, tocco young, in perfetta armonia con il bianco all’altro estremo del suo corpo…la sua Armanidivisa.
Lo ringrazio perché “il lavoro che fai è meraviglioso” e lui sembra quasi stupito di questo complimento che gli avranno fatto milioni di volte e che sembra emozionarlo la milionesima volta forse come la prima, o la seconda, al massimo… “Ti ringrazio”, mi dice. E io ho le gambe che mi tremano, gli porgo la mia agendina per un autografo, c’è attaccato un portachiavi di Patrick Stella, cheffigura! Poi mi dà un buffetto sulla guancia, dolce, paterno…regale, appunto.
Ho passato con Giorgio Armani circa 5 minuti della mia vita.
Pieni di bellezza, gentilezza, sorrisi…anche per questo lui è unico, per la sua capacità di disegnare ciò che è.
Grazie Re Giorgio.

mercoledì 30 gennaio 2013

Figli e sdegno...in un bar del centro.

Qualche giorno fa mi trovavo seduta in uno di quei posti fintamente cool, un po' young e un po' intellettuali della solita noiosa e semprebella Torino.
Chiacchieravo amabilmente con una persona a cui voglio un gran bene e di cui ho parecchia stima e che ho la fortuna di poter chiamare amico.
Ridevamo come è tipico di due adolescenti cretini per i nomi assolutamente insensati che il locale aveva dato ai suoi prodotti, trattenendo a stento di scoppiare a ridere in faccia a quel  poveraccio del barista che tentava di spiegarci, con una qualche dose di credibilità, cosa fosse un "crush alla mela verde".
L'esilaranza è continuata quando ci siamo resi conto che accanto a noi sedeva una fashion blogger imbelletata che provava pose ammiccanti con un cocktail in mano, disquisendo con la massima serietà insieme alle due (due!) fotografe che cercavano di immortalare gli scatti più osceni.
Bene.
Questa è solo la premessa.
In mezzo alle risate si discorreva però di argomenti serissimi,  noi due, che siamo bellissimi, colti, appassionati, due promesse che prima o poi spaccheranno tutto, snob da far paura, niente presuntuosi...
E quindi si parlava di sesso, genere, generi letterari, moda, bellezza, decadenza...cose così...
Ad un certo punto il mio meraviglioso amico dice qualcosa come:
"Io vorrei che mio figlio crescesse in un mondo in cui..."
L'ho guardato bene in faccia.
E ho pensato che anche io vorrei che suo figlio crescesse in un mondo in cui...
Soprattutto vorrei che suo figlio ci venisse al mondo.
Insieme ad un altro e un altro e magari un altro.
Io so che il mio amico insegnerebbe loro l'amore e il rispetto, il valore della libertà, li porterebbe a fare viaggi splendidi alla scoperta di mondi e tanta bellezza...
Poi, chissà...potrebbe fare anche un sacco di errori.
Pretendere troppo o troppo poco. Soffocarli. Trascurarli.
Potrebbe separarsi e recriminare un sacco di cose e poi usarli come pacchi postali.
Potrebbe essere perfetto o nevrotico, o una via di mezzo.
Come qualsiasi altro essere umano che si accolla il compito infausto e straordinario di crescere altri piccoli essere umani da regalare al mondo.
Ma io li vorrei conoscere i figli del mio meraviglioso amico.
Vorrei che avessero la chance di venire alla luce e che lui, come qualsiasi altra persona, potesse partire per quest'avventura pazzesca che è l'essere genitori.
Eppure, allo stato attuale della nostra legislazione, al mio amico non è permesso nemmeno di sposarsi, figuraimoci di fare il padre.
Perchè il mio amico è un pericolossissimo, scabroso,minaccioso omosessuale.
E ci sono parecchie persone, laffuori, che i figli li hanno e li distruggono, che sanno per certo che questo farebbe di lui un pessimo genitore.
E a me questo mette i brividi oltre che un sacco di tristezza.
E provo tanta vergogna.
In quanto italiana, in quanto cattolica, in quanto essere umano.
Ma questa vergogna, quante  volte l'ho scritto e detto, non dovrei provarla io...dovrebbe bruciare da dentro e distruggere tutti quegli italiani, cattolici, esseri umani che pretendono di sapere cosa è giusto, cosa è benedetto, che misurano con il loro metro infame fin dove possono arrivare i diritti dei loro fratelli.
Non mi stancherò mai di dirlo.
Pure in calabrese, se serve, come direbbe mia nonna:
Sdegnu ca mi sdegnau lo core tanto!

sabato 26 gennaio 2013

IO NON CI STO !!!

Qualche tempo fa, su questo blog , ho parlato di argomenti che mi stanno molto a cuore:
Diversità, uguaglianza, omofobia, paura.
Lo avevo fatto sulla scia di una fattaccio di cronaca indicibilmente triste, il suicidio di un ragazzino che amava vestire di rosa.
E' passato qualche tempo, ma il clamore di una storia così assurda non può e non deve spegnersi.
Ho un amico a Bologna.
Non esito a definirlo tale, anche se la nostra è un'amicizia un po' speciale..ci unisce una grande passione per un certo signor cantante e ci incontriamo perlopiù ai suoi concerti, ma nel frattempo ci scriviamo, qualche volta ci telefoniamo...è un'amicizia molto 2.0 la nostra eppure io so che a Bologna ho una casa.
Max, il mio amico, ha una voce che ti rende felice e una sensibilità e un umanità pure e meravigliose. Per questo non mi sono affatto stupita quando mi haraccontato del suo impegno al Telefono Amico , un servizio di aiuto telefonico offerto dall'Arcigay di Bologna.
Da piccola impazzivo per il Telefono Azzurro, mi dicevo: tutti i bambini in casa hanno un telefono, e  mi sentivo molto rassicurata dal fatto che un bambino meno fortunato di me potesse trovare all'altro capo del filo, componendo un numero semplice, un amico, un aiuto. Mi sorella ha passato anni a cercare di chiamare lamentandosi di non avere un cane, ma questa è un'altra storia.
Resto molto legata all'idea di un Telefono Amico. Telefonare è un gesto semplice. Annulla le distanze, cancella le paure.
Max mi ha raccontato di un progetto speciale. Lui e i suoi amici e colleghi hanno ideato una campagna di informazione per far conoscere Telefono Amico e aiutare le pesone ad uscire dalla paura e dall'isolamento a cui spesso essa porta.
Lo slogan è semplice e diretto: IO NON CI STO.
E' una frase potente. Significa: io mi schiero, io ci sono, io non ho paura, io non mi metto nella fila di chi fugge, di chi chiude gli occhi.
Io non ci sto.
Sui cartelloni in giro per Bologna e sul web campeggia una foto molto bella. Un fascinoso uomo tatuato con una maglietta rosa. Quell'uomo è Gaetano Navarra, uno dei nomi che fanno grande il nostro paese, che il mondo ci invidia e di cui siamo smaccatamente orgogliosi...
Uno stilista eccezionale, un creativo vero, uno che le cose le ha sempre fatte in un solo modo: il suo...uno che non ci sta.
Max mi ha raccontato di come e quanto NAvarra e il suo staff creativo si siamo prodigati per la campagna di Telefono Amico.
Ogni tanto parliamo anche di cose belle in questo paese che vive di volontariato e di uomini e donne che sono chilometri avanti alle loro istituzioni.

Grazie Max, Grazie Gaetano, Grazie Arcigay Bologna!








lunedì 21 gennaio 2013

Dior Haute Couture 2, Tutto quello che sentivo il bisogno di dire

Avviso ai naviganti.
Questa seconda parte del post entrerà più nello specifico di alcune problematiche riscontrate nello show appena conclusosi di Christian Dior Haute couture.
Userò qualche termine forte e qualche belga potrebbe sentirsi offeso. 
E anche Raf Simons temo.
Me ne dolgo. 
Non ho mai saputo ammantare la verità di rosolio.


Perfavore Raf.

Tu che parti svantaggiato perché porti il nome di un cantante che non mi piace, e soprattutto perché hai preso il posto del più grande, il re decaduto e vilipendiato dalla stessa ipocrisia iperrealista della matrigna cattiva che pensando di fare il tuo bene ti racconta che Cenerentola era una puttana, quella di cui tu infarcisci i tuoi stracci, Raf..

Avevi un compito quasi impossibile.

Non ti biasimo per questo.

E non potevi fingerti John Galliano perché tu non sei John Galliano, non ne hai la cultura, non ne hai la passione, non ne hai la Bellezza, non ne hai la Verità.

Tu sei una specie di fantasma.

E quando ti vedo prendere gli applausi di quell'altra schiera di fantasmi che sono i tuoi ospiti, dei quali emblema è un uomo triste e meschino come Monsieur Bergè, e tu che finalmente hai capito che facciamo l'alta moda, e metti la giacca scura, io penso ad un mesto contabile che vive di fronte ad una tabaccheria, uscito a prendere quell'applauso del quale non si spiega le ragioni.
E se hai colto la citazione Raf, ti renderai conto di come non ci sia cattiveria in queste mie parole. Solo tanta, tanta tristezza.
Perchè tu mi hai rotto un giocattolo che era troppo delicato per le tue mani. E la colpa è più di chi te lo ha affidato che tua. Eppure che ci possiamo fare? E' te che ora io ho davanti.

Tu e i tuoi quattro cespugli piedistallo per alberi morti che sono la tua idea belga di giardino.
Tu e quelle forme trapezoidali che rendono le modelle più goffe dei concorrenti di Takeshi's Castle.
Tu e i tuoi colori volgari e sbiaditi che cerchi di venderci come il tuo inno alla primavera. Forse quella belga.
Tu e quelli che tu chiami vestiti da sposa che sembrano il tragico emblema di quanto vuota sia ormai l'istituzione.
Tu e le tue modelle appena uscite da una qualche brutta malattia, che si riempiono di rossetto per travestirsi da donne.

E poi non dovevi toccare George Michael. Lo so che è tornato di gran moda in Francia. Lo so che Emanuelle Alt stravede per lui e che lo ha messo sulla copertina di Vogue.
Ma confondere la sua voce con i tuoi stracci...questo no. Come te lo posso perdonare?

Abbi pietà di noi, Raf.
Pietà dei nostri Sogni.


P.S.
Spero che nessun belga si senta offeso dal mio uso libertino dell'aggettivo belga.
E' che il Belgio non l'ho mai capito.
Sarà indivia la mia.









(Dior Haute Couture Spring Summer 2013, photo by Vogue.co.uk)


Paris Haute Couture, parte 1, Un post razionale.

Ho un elenco di almeno un po' di post da scrivere.
Solo che questo spazza tutte le mie priorità.
E' l'haute couture de Paris, signori....
Cominciamo dall'inizio.
Vi avverto subito. Ne faccio una questione personale.
Parlare di alta moda e parlare di Christian Dior per me è proprio una questione di pelle e pancia e cuore.
Per questo spezzo il mio post in due.
Il primo è più oggettivo, dice delle cose che per me sono importanti.
Il secondo è il rigurgito del cuore.

Lo avrò raccontato mille volte...ero una bambina, la moda era la mia più grande passione, organizzavo sfilate con i compagni nei cortili della scuola...Non avevo dieci anni, quasi nessuna cognizione di storia del costume. Eppure ricordo che per me fare un vestito significava usare metri e metri di stoffa, avvolgerli intorno al corpo bianco delle mie compagnucce, e lasciare strascichi, e luccichii, e ruches, e teatro, teatro, teatro...
Sono passati gli anni.
Ho scoperto la moda francese, anzi, ho scoperto Christian Dior, anzi, ho scoperto John Galliano e ho capito che quello che sognavo, che fingevo e giocavo, da qualche parte, in quel paese delle meraviglie chiamato Parigi, era realtà.
Ora, il problema non è la mia retorica.
Il problema è ciò che definiamo "bello" e ciò che irrimediabilmente è invece "brutto".
Io sono grassa, sono barocca, sono una donna che ride. Per me la moda, l'alta moda, deve avere per forza a che fare con la meraviglia, l'abbondanza, la gioia di vivere. 
E' l'ancella della Bellezza.
Un compito che da tempo non spetta più all'arte figurativa, a cui lasciamo la denuncia, lo specchio dei tempi, il pugno allo stomaco.
Ma, perfavore, solleviamo la moda dal compito di parlarci di noi. Di quanto siamo meschini, di quanta paura abbiamo, di questo sonno della ragione in cui siamo piombati, del nostro medioevo quotidiano.
Ridiamole il regno di cui deve essere sovrana: Sogno e Bellezza.
Perchè a forza di grattare via con precisione quell'illusione in cui ci culliamo, che siamo tutte bellissime, che saremo principesse, che esistono le zucche che diventano carrozze, tutto il sistema è destinato ad implodere.
Parlate alla testa e non al cuore couturier...E la testa non tarderà a renderci perfettamente consapevoli che uno smalto di Kiko da euro 2.90 batte 1000 a zero uno di Chanel che costa 10 volte tanto...
Il marchio è sogno, avant toute chose. E state lavorando sodo per popolare le nostre notti di incubi.

venerdì 18 gennaio 2013

Fiaba di Marinella (Omaggio ad un menestrello di nome Fabrizio)


Capitò così, all’improvviso.
Pur pensandoci bene a Baba non venne in mente niente.
Sentiva di avere il collo bagnato, aprì gli occhi e si ritrovò dove non era mai stata prima.
Era adagiata su una grossa foglia acquosa, e sotto di lei c’era un pratino fine e vicino un fiume.
Provò a ricostruire gli ultimi avvenimenti: era sicura di essere andata a dormire la sera prima, nella sua cameretta rosa. Aveva messo il pigiamino con i fiori, si era lavata con attenzione ogni dente, poi aveva stretto fra le braccia Lille, il suo gatto bianco e grigio, ed era andata a dormire.
Poi era arrivata la mamma, come ogni sera, e aveva cominciato con una delle sue storie-della-dolce-nanna.
“Questa sera Baba, ti racconterò la fiaba più bella che sia mai stata scritta”
“Con draghi, spade e tanta magia?”
“No…però ci sono una ragazza bellissima che diventa una stella, e un re innnamorato. E poi le rose e i fiordalisi”.
Baba non era sicura di sapere cosa fossero i fiordalisi, guardò Lille che stava sdraiato al fondo del letto con l’aria di non capire esattamente di che si parlasse e aspettò l’inizio della storia.
“Questa di Marinella è la storia vera”, cominciò la mamma.
Da lì in poi, nulla. Il collo bagnato e il fiume.
Baba si alzò, tolse un po’ di petali azzurri dal pigiamino a fiori, si guardò intorno stropicciandosi gli occhi e…cosa ci faceva Lille su una foglia in mezzo al fiume?
“Lille, matto! Vieniqui!”
“Vieni tu qui, Baba!”
Ecco. Ci mancava solo il gatto parlante.
“Lille! Come faccio ad arrivare sulla foglia?”
Quel gatto non era uno sciocco, e Baba lo sapeva bene, e infatti usò una rosa dal gambo lungo come remo e si avvicinò alla riva.
“Muoviti Baba! Devi vedere una cosa!”
“Ma Lille…come siamo arrivati qui?”, non che lei fosse spaventata. Aveva sempre amato le avventure e le fiabe, ma solo quelle del lieto fine.
“Non possiamo discutere ora. Guarda lì…”
Sulla riva opposta del fiume, c’era una ragazza bellissima, che giaceva come addormentata.
“Guarda Baba! Le ninfee si danno un gran da fare a spingerla a riva! Ma da sole non ce la fanno!”
La bambina aguzzò la vista: un mucchietto di ninfee volenterose stava cercando disperatamente di salvare la ragazza, ma il suo vestito bianco era rimasto impigliato alle canne…
“Lille! Avviciniamoci!”
Detto-fatto il gattino si mise a remare più veloce.
Baba scese sulla riva.
“Avanti ninfee…quando dico “Via!” voi spingete più forte e io tiro…Viaaaaaaa!”.
Lille, Baba, i fiori…tutti fecero del loro meglio. Due aironi gentili cercarono di liberare il vestito della ragazza, e una volta portata in salvo a riva le farfalle cominciarono a svolazzarle sulle guance per provare a svegliarla.
Tutto in lei era immobile.
“Sembra proprio una bambola”, constatò Baba con aria molto seria. E una bambola sembrava davvero. Con i lunghi capelli neri ondulati, le guance rosa e la pelle morbida.
Una famiglia di paperelle si avvicinò. Mentre i pulcini le accarezzavano le mani mamma papera la guardò bene e disse: “Ma questa è Marinella! Vive in una casetta laggiù. Ogni giorno viene sulla riva del fiume e ci porta del pane…”. A sentirla parlare così si avvicinarono le primule e le coccinelle e le api: “E’ Marinella! E’ Marinella! Oh, povera Marinella!”.
Baba non ci mise molto a capire : “Sono scivolata nella storia di Marinella! Quella che la mamma mi stava raccontando…Oh, se solo avessi ascoltato fino alla fine!”.
Mentre tutti discutevano animatamente sul da farsi si sentì all’improvviso una voce. Arrivava da lontano e risuonava nell’aria come un soffio. “Povera Marinella. E’così bella. Lasciate fare a me. Sono il vento. La spingerò su una stella, perché possa illuminare la notte”.
Tutti furono ammutoliti.
Baba aveva i brividi, non era sicura fosse solo colpa del pigiamino leggero, e due piccole lacrime le scesero lentamente.
“Marinella ci mancherà tantissimo” piangevano tutti gli insetti.
“Faccela almeno salutare” fecero eco i fiori.
Il fiume intonò un canto. Baba spazzolò i capelli della ragazza con il pettinino rosa delle bambole che aveva sempre in tasca.
Le coccinelle disegnarono cuori nel cielo, le rose fecero cadere tutti loro petali per profumarla, le libellule intrecciarono fiordalisi nel suo vestito.
Ma all’improvviso ecco arrivare Lille trafelato: “ Venite! Venite! C’è un Re senza corona e con un mantello rosso! Sta bussando da ore alla porta di Marinella!”. Gli uccellini corsero a chiamarlo.
Lui si inginocchiò accanto a lei e disse “Non andare via Marinella. Urlerò per cento anni il tuo nome se servirà a farti ridestare!”.
Fu così che la luna e il sole ebbero pietà del loro amore.
E concessero a quella piccola stella di svegliarsi.
“Ho sempre amato le fiabe del lieto fine”, si mise a canterellare Baba contenta. Abbracciò Marinella, il Re e gli animali del fiume, prese Lille fra le braccia e si riposizionò sulla grossa foglia acquosa.
Quando aprì gli occhi il sole stava già entrando dalla finestra.
Corse in cucina. Lille aveva in bocca un fiordaliso e lo porse felice alla mamma.
“ Lo sai che avevi ragione?”, disse Baba, “quella di Marinella è davvero la fiaba più bella che sia mai stata scritta”.



                                                                                                                                Darkene F. DiCembre