venerdì 7 ottobre 2016

Estate, Autunno, Inverno e Primavera.

...Watch the road and memorize
This life that pass before my eyes
Nothing is going my way...

Settembre è galoppato via al suono di migliaia di farfalle che mi ribollono nello stomaco.
C'è nell'aria questo sentimento di trepidante adolescenza che parrebbe così dissonante dall'autunno incipiente e invece ci agita di una gioia agrodolce.
E' una cosa molto supernatural and superserious avere compiuto trenta e più anni  senza clamore e sentirsi pulsare di quei pomeriggi infiniti ad ascoltare musica ad occhi chiusi e a piangere di rabbia e amore per le cose che ci facevano impazzire, Keith Haring, i Bluvertigo, Oscar Wilde...
Mettiamo in ordine i pezzi.
Passa quest'estate assurdamente inutile nella quale i fatti più memorabili accaduti sono gli estenuanti match di volano e ping pong nel giardino di casa. Un tempo sospeso, di quelli ormai troppo frequenti, in un silenzio emotivo che serve a mettere distanze e punti da alcune cose deludenti e inutili accadute nell'ultimo paio di anni.
Un "senso di non partenza" che, un po' per caso, un po' per desiderio, accomuna tante belle anime della mia generazione e forse fa sentire  più vicine che mai le mie amiche-sorelle impantanate in vite che non avevano previsto e che soprattutto non avevano previsto di amare.
Poi mi sono messa a fare un po' di decluttering. A spostare tutti i mobili della casa. A togliere un sacco di polvere che mi si era incastrata dentro.
Mi sono anche fatta piantare in bocca pezzi di denti nuovi e luccicanti.
E ho scoperto che gli Afterhours avevano appena pubblicato un album dal titolo indicibile che è un musical sul cancro, sulla morte di un padre, sulla rinascita e sulla vita.
E così mentre Manuel Agnelli urlava il suo dolore io ho ripensato a questi ultimi 15 anni. Alla strada che mi ha portato dall'essere un'adolescente dark e sfacciata all'essere una donna così impaurita.
E ai 5 anni che sono passati da quella ferita che forse solo ora inizia rimarginarsi con forza,tirando e facendo prudere la pelle. Che sta lasciando una cicatrice enorme che porterò a vista per sempre. Ma che ha, forse, smesso di stillare sangue vivo e che finalmente posso guardare in quell'enorme specchio a figura intera così elegantemente shabby-chic che le mie amiche mi hanno regalato per questo strano compleanno.
Poi, per aggiungere un po' di panna alla torta, ho abbracciato uno sconosciuto con incredibili occhi azzurri e muscoli di quercia.
E Gus Van Sant è venuto a farsi un giro a Torino. E non c'è nessuno come Gus Van Sant che sappia raccontare che meravigliosa merda è l'adolescenza e che mi abbia raccontato così bene la mia. Mi sono ritrovata a guardarlo da vicino, a stringergli le mani, a piangere con le mie sorelle sugli occhi infiniti di River Phoenix, come quando riempivamo le pagine del diario con il suo nome. Ed è stato così strano anche questo.
Così ora me ne sto qui a lavorare sodo, a correre e sudare, a cantare a squarciagola, cercando di tirare un po' le redini di un lungo pezzo di storia di me che ho perduto.
Ho fatto un gran casino in questo post.
Sono alte onde che si agitano e che il gelo dell'inverno che scalpita alle porte cristallizzerà per farsi trovare pronti e indomabili dalla Primavera.


(il corsivo è tratto da Find The River dei R.E.M.)






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