venerdì 29 gennaio 2016

Galliano e Margiela, lezione d'arte e di futuro.

A volte ho dei momenti di chiarezza così lucidi. Attimi in cui la verità si svela e riesco a cogliere un lampo del futuro.
Mi è successo un paio di giorni fa vedendo sfilare la collezioni di haute couture di John Galliano per la Maison Margiela.
Misero chi guardando un abito vede solo un abito, magari anche difficile da portare.
Ormai lo sapete, quando parliamo di Galliano parliamo di un artista e un visionario vero. Un uomo capace di mettere dentro un solo vestito la Storia e una storia.
Che invidia ho sempre provato per gli artisti figurativi. Per chi sa condensare in un immagine milioni di parole. Mentre io devo stare qui a battere su una tastiera concetti e lettere dannatamente imperfetti.
Quando basterebbero una cascata di stelle che cadono sugli occhi di una fata dai lunghi capelli arancioni, bocche disegnate sulla gola muta, broccati antichi che prendono vita e forma da un bomber oversize, dettagli che sono gioielli incastonati nelle cinture come medaglie al valore, fulmini che irrompono sul bianco immacolato di tailleur che sembrano tagliati con il laser.
Ma questa è mera descrizione. E la meraviglia non si descrive.
Ogni abito è diverso dall'altro in un dialogo che è insieme schizofrenico quanto estremamente coerente. Un po' come la vita.
Galliano parla della sua storia personale e di quella della Maison che guida, ma allo stesso tempo parla di noi e a noi.
Di un futuro che non può mai prescindere dalla conoscenza del sé più profondo.
Perché se sulla sua passerella sembrano sfilare alieni avveniristici, queste creature mitiche sembrano somigliarci parecchio. Hanno addosso abiti rivoltati dall'interno...come se le loro anime fatte di camicie sartoriali e tessuti barocchi, o di quella brutta maglietta a righe che conserva ancora l'odore dell'abbraccio di tuo padre, le avessero tatuate dentro le viscere, e le esibissero, perché si rinasce ogni giorno, è vero, ma rielaborando pezzi di ciò che siamo stati. Da lì non si sfugge.
Nulla si crea e nulla si distrugge, è la lezione che John continua a darci, con estrema precisione, tenendo i fili della storia come un abilissimo narratore, in questo racconto d'arte che a suo modo è anche un thriller, capace di tenerci con il fiato sospeso fino al prossimo capitolo.
Potrei parlarne per ore...
Dei colori, di Bowie che vive in ogni passo, della Piaf che, eterna, canta.
Di quella assenza alla fine della sfilata, che ormai lo sai, ma fa un po' male ogni volta.
Della grandezza di Pat McGrath che Raffaello toglie il cappello ogni volta che la vede.
Di Alexis Roche, che oltre ad essere un uomo di una bellezza e una gentilezza che non sono di questo mondo, è un artista vero. E al quale per tanti motivi che non starò a dire, dobbiamo l'Arte quanto la Vita di John Galliano.
Ma le parole sono solo parole.
Quello che vorrei è che un giorno venisse dato a quelli come John Galliano, non sono molti, il posto nella storia che meritano.
Quello dei grandi artisti che hanno disegnato il mondo.

Guarda la collezione...



sabato 23 gennaio 2016

#Svegliatitalia, può l'Amore non essere abbastanza?

Lo sanno tutti, io non amo le manifestazioni.
Non mi piace vedere troppe persone nello stesso luogo, non so come ci si vesta, odio i cori e gli slogan.
Ma oggi è il 23 gennaio.
Oggi si manifesta, che ci piaccia o no.
Perché oggi ognuno di noi è chiamato ad essere presente in nome della sua libertà.
Perché una legge sulle unioni civili è una legge che tocca ognuno di noi.
Perché quando un paese fa un passo avanti, in questo caso un gigantesco passo avanti, su un tema come i DIRITTI, quel giorno abbiamo vinto TUTTI.
Abbiamo vinto diritti, abbiamo vinto civiltà...ma a chi può fare paura questo?
Chi può dirsi scontento il giorno in cui il suo Paese diventa un posto migliore?
Il giorno in cui lo Stato decide che i suoi cittadini sono tutti uguali davanti, attenzione, ad una istituzione come l'Amore?
E lo sanno tutti.
Che io non credo nelle manifestazioni almeno quanto non credo nell'unione di due persone.
Ma quale grande fortuna che al mondo non esista solo io!
E che in questo Paese, il nostro povero Paese, già così vituperato dalla totale sfiducia nel futuro, ci siano ancora migliaia di coraggiosi Don Chisciotte pronti a mettere una firma per dire:
Stato, io e questo altro essere umano siamo una famiglia.
E siamo una famiglia per un motivo purissimo e incredibilmente semplice: perché ci amiamo.
PERCHE' CI AMIAMO.
Al di là di quello che abbiamo fra le gambe, e che mi pare un po' poco per distinguere il mondo in due categorie, al di là della possibilità o meno che arrivino ad aumentare la nostra gioia (e la nostra insonnia) figli, cani o nipoti, al di là di un giuramento, ma quale obsoleta idea è poi un giuramento? Non insegniamo forse ai bambini a non giurare?
Al di là di tutto quanto non ci distingue e non ci rappresenta, noi siamo una famiglia perché ci amiamo.
Ma quale altro presupposto dovrebbe servire?
Può l'Amore non essere abbastanza?

#svegliatitalia, perché manchi solo tu.
Perché la libertà serve più del pane. E questo non dovremmo dimenticarlo mai.







mercoledì 20 gennaio 2016

Di Berlino e Bowie, e delle cose di cui siamo fatti.

Eravamo atterrate in una Berlino di metà agosto, e io ogni volta che atterro in un paese straniero mi metto un po' a piangere. E Berlino poi...era il posto dove dovevi essere ma che pensavi per natura di non poter amare.
Il tempo di lasciare una valigia, innamorarti dei finti soldati biondi di Checkpoint Charlie, costeggiare quella strana cosa che si chiamava "Topografia del Terrore" e che vi era sembrata da subito una felice sintesi di molte cose, e poi arrivare alla meta. Al cospetto degli enormi occhi alieni di Bowie che ci fissavano dall'alto di un manifesto. Di quella manciata di ore in sua compagnia che ci hanno in qualche modo, io credo, cambiato la vita.
Non ho mai scritto di Berlino. Anche se mi ha schiaffeggiato e innamorato come solo Londra a 18 anni aveva saputo fare. Ma a 18 anni era tanto più facile. E Londra gioca sempre con un mazzo truccato.

Eppure l'altra mattina mi è stato tutto chiaro.
Il Duca è partito per il suo viaggio di ritorno a casa.
E io sono orfana un'altra volta.
Ho imparato molto presto che il Dio dell'Universo, Inventore di tutto ciò che esiste e Padre di ogni sentimento, ogni tanto manda a queste latitudini qualcuno dei suoi Messaggeri. Cascano sulla Terra così, ma lo capisci subito che con la Terra non hanno nulla a che fare.
Mio Padre per esempio. Un'entità portatrice di luce, composta al 100% di bene.
David Bowie, che ha inventato il Suono.
Io ho sempre pensato che Bowie fosse l'uomo più bello che avesse mai camminato su questo pianeta. Era il Piccolo Principe diventato grande. La garanzia che la musica poteva renderci migliori.
E noi prendiamo ossigeno da questi Grandi, ci facciamo tenere la mano fino a che possiamo, e dovremmo essere grati di averli scovati molto più di quanto siamo terrificati dalla loro partenza.

Ho parlato di Berlino perché per me Berlino è Bowie.
Berlino è il futuro atterrato nel presente, e tu la guardi e non la capisci, ma sai che ti sta dicendo qualcosa di te che prima o poi ti salverà la vita.
Berlino ha delle strade enormi che ti accompagnano ovunque tu voglia andare, che non ti permettono di perderti, ma che allo stesso modo potrebbero affogarti.
Dentro Berlino ci sono la Grecia e l'America. La Poesia e l'Orrore, un freddo che ti attanaglia e uan coperta sempre pronta sulle sedie dei bar.
Berlino ha un occhio azzurro e uno castano.

Allora ho scritto questo post un po' confuso per dire che Bowie mi manca. E che le cose che ti somigliano e di cui sei fatto restano tue per sempre. Che siano uomini, Angeli o città.

E io continuerò a fare casino con il Maggiore Tom.
Perchè ovunque egli sia possiede un pezzo di me.


martedì 5 gennaio 2016

Let 2016 be...

Il 2016 è appena cominciato e ho già fatto tanti di quei buoni propositi che sono già in preda ad un annoiato panico.
Con buona approssimazione diciamo che auspico che nel 2016 possa accadere tutto quello che non è accaduto nei precedenti 31 anni della mia vita.
Quindi...devo perdere quei famigerati chili, diventare più attiva e vitale, trovare il Principe Azzurro, imparare a: guidare, stare da sola per più di un paio d'ore di seguito, essere meno gelosa, sforzarmi di capire di più gli altri. In generale togliermi un po' di paura. Leggere di più e guardare più film.
Lavorare di più. Guadagnare di più. Andare al mare. Abbracciare le persone ogni tanto.
E poi scrivere.
Scrivere.
Scrivere.
Finire Velvet Golgota.
Iniziare il mio saggio.
Mettere in pista su solide ruote alcuni progetti a cui tengo molto.
Ho bisogno di coraggio, forza di volontà e fortuna.
Tutte doti che mi difettano ma...nel 2016 si cambia, no?
E andiamo...

lunedì 21 dicembre 2015

La bambina quattrocchi e il bambino con gli occhi azzurri

Te lo ricordi il bambino con gli occhi azzurri di cui eri innamorata alle elementari?
Ti ricordi che hai passato anni a sperare in un bacino, prima che arrivasse la compagna più carina, o quella "esotica" e più grande che aveva conquistato il suo cuore.
In quinta avevate fatto una maglietta con le dediche e lui ti ha scritto "alla mia amica quattrocchi panciuta". Poi siete diventati quasi fratelli. Poi lui è diventato il tuo bullo e anche se sono passati anni e ora qualche volta vi incontrate casualmente al supermercato, tu sai bene che nel tuo cuore non lo perdonerai mai.
Ché forse è cominciato tutto lì.
Tu a passargli i compiti, a inventare mille giochi perché lui si divertisse, a scrivere dei suoi occhi...e lui a raccontarti di Giulia.
Ora gli occhiali li metti a volte per vezzo, la pancia ce l'hai ancora e ormai sei quasi convinta vada bene così, e continui a fare l'amica di uomini che ti sciorinano le loro Giulie, o i Giulii, perfino.
Ed è incredibile come, se ci pensi bene, restiamo quei bambini di 6 anni tutta la vita, mettendo in scena per sempre le stesse sceneggiature, cambiando i nomi di qualche personaggio ma quasi mai i ruoli.
Le gelosie per un segreto detto dalla tua migliore amica ad un'altra, le lacrime quando il posto da solista è andato a chi non lo meritava, un bigliettino dove avevi scritto: metti una crocetta su quello che sono per te, e ti era tornato indietro con una bella X su "amica".
Che hai combinato in questi 25 anni, bambola, se non hai nemmeno imparato a fare degli aerei capaci di volare con quei bigliettini?
Aggiungi questo fra i buoni propositi.
Abbraccia quella bambina.
E permettile di diventare grande.



sabato 19 dicembre 2015

Solo de Amor, come dice il poeta.

Sia che tu taccia, taci per amore.Sia che tu parli, parla per amore. Sia che tu corregga, correggi per amore. Sia che tu perdoni, perdona per amore. Sia in te la radice dell’amore, poiché da questa radice non può procedere se non il bene. Ama e fa ciò che vuoi.

Mi è tornata fra le mani questa poesia di Sant'Agostino che è così perfetta che ho deciso di farne il mio buon proposito per il nuovo anno.
Io che ho sempre addosso una voragine d'Amore, che sono incapace di dimostrare, forse perché a malapena lo so provare, e che sicuramente non sento, o non so vedere.
Ho una missione: tentare di riacciuffare una Vita sospesa che sembra prendere una strada che inizia a divergere in maniera preoccupante. La mia.
E proverò ad armarmi di questo sentimento così sconosciuto, che poi mi vien perfino da ridere mentre lo dico.
In fondo mancano 12 giorni al 2016, insomma, non è il tempo che mi manca.

venerdì 11 dicembre 2015

Wrecking Balls

"Quando penso al passato mi sembra sia stata la vita di un'altra persona".
Mia madre lo ripeteva spesso quando ero piccola e lasciandomi sempre stupita e anche triste. Mi sembrava una frase piena di rassegnazione, come a dire: tanto era un altro, mica io, è roba che non mi appartiene e che spio dal buco di una serratura.
Personalmente ho un rapporto abbastanza vago con il passato, il mio istinto di autoconservazione è così forte che mi spinge a dimenticare quasi tutto, e quello che è stato, le persone che lo hanno popolato, si ammucchiano in un magma indistinto che relego in qualche angolo molto buio e stretto della mia memoria.
Sono basi sulle quali è molto difficile costruire, perché ogni rapporto necessita così di rinnovamento continuo, perché non esiste mai nulla di dato, di scontato, come una sabbia mobile eterna che inghiotte tutto e raramente restituisce un pezzo.
Quindi, in fondo, come sempre, ha ragione la mamma.
Non è sicuramente roba mia, il mio passato e del resto probabilmente io non sono più quella di ieri, mai. O quasi, insomma.
Sono stata costretta a queste riflessioni perché in questi giorni si fanno gli alberi, si scrivono i menù delle feste, si comprano i regali, ed è per me tanto penoso quanto è stato felice un tempo.
Un paio di giorni fa ho visto per la prima volta quel capolavoro che è Edward Mani di Forbice e tra quei fotogrammi ho ritrovato mio padre.
E poi stamattina mi è capitata davanti una vecchia foto del nostro gatto amatissimo.
E ho pensato: cacchio...ho trent'anni e ho così tante cose alle spalle che se ne sono andate per sempre...E sono state così belle che, ne sono certa, non potranno tornare.
Per questo cerco di dimenticare tutto, così potrò accettare di perdere tutto, tanto chi se lo ricorda?
Poi allargo la mia prospettiva...
E mi rendo conto che questo strano oblio dei sentimenti non colpisce solo me.
E' un po' il male della mia poverissima generazione.
Che siamo cresciuti divertendoci così tanto, con la promessa eterna che avremmo avuto tutto e poi ci siamo accorti che correvamo veloci verso la nostra wrecking ball.
Ho ancora qualche amico che timidamente ci prova, compra una casa, fa un bambino, cerca disperatamente di costruire qualcosa che possa restare. E io li ammiro questi stakanovisti d'antan, e mi auguro dal più profondo del cuore che abbiano ragione.
Io mi accontento di accumulare piccole cose, le chiacchiere fino alle cinque del mattino, una cena preparata con amore, le coccole di una piccola gatta dal pelo ispido che gocciola quando fa le fusa, sperando di riuscire a conservarne qualcuna, come quando era Natale ed eravamo in tanti, la risata di mio padre, gli occhi belli di Achille. Che ora mi sembrano la vita di un'altra, che accipicchia se è stata fortunata.