La
battaglia io la stavo guardando non più con aria distaccata e odio, no.
Io ora
guardavo quello scempio con il cuore scaldato da un brivido.
Là, fra il
rosso del sangue e il nero della morte, ora stava, bellissimo, colui che io
amavo più d’ogni altra cosa al mondo…Più di mia madre, che era una dea, più
della gloria, che era il mio destino, più della guerra, che era la mia vita.
L'amato mio
bene era partito con tutto il suo furore.
Perché i
giovani chiudono a doppia mandata occhi e ragione quando li prende il furore.
Era andato
in mezzo a chi lo odiava con armi bellissime, rabbia feroce e saggezza alcuna.
Forse per
questo più di tutto lo amavo.
Per i suoi
capelli di miele, sì. Per la sua carne chiara. Ma anche, e di più, forse, per
quella sua impazienza, quel palpito di follia.
Era un
ragazzo il mio bambino e si credeva un uomo.
Quando lo
stringevo a me, il suo cuore contro il mio cuore, i suoi sogni mischiati ai
miei sogni, le nostre mani intrecciate, i capelli confusi, io sentivo tutta la
nostra forza, il nostro amore grande, splendente… che mai capriccio degli dei
avrebbe potuto porvi fine.
La
battaglia io la guardavo.
E nella
battaglia stava ciò che di più bello avevo al mondo. E un brivido mi percorreva
la carne.
Dalla mia
posizione lontana, vicino alle navi, vedevo colori confusi, schizzi improvvisi,
bagliori di armi…
E sentivo.
Grida, pianti, le punte delle lance battere sulle corazze invincibili…
Ma tra
mille urla io cercavo la sua voce, e tra mille rumori quello della sua spada,
la mia, in realtà, che io stesso gli avevo affidato perché si fingesse me.
Me lo aveva
chiesto nel pianto, come un bimbo.
“Ti prego,
mio Amore. Dammi le tue armi, dammi i tuoi cavalli, dammi il tuo esercito…E io
ti giuro che non combatterò, che sarò attento, che cerchèrò solo di spaventare
il nemico”
“Giuramelo
davvero, giuralo ancora, giura che non combatterai, che sarai attento, che
cercherai solo di spaventare il nemico e io ti darò le mie armi, i miei cavalli,
il mio esercito”
…così gli
dissi perché tanto non lo potevo più tenere, la guerra voleva, lui che della
guerra conosceva poco più che i racconti.
Gli diedi
le mie armi, e i miei cavalli e il mio esercito perché era l’unico tentativo
che avevo per salvarlo.
Ma ora…
Troppo
tempo era passato dall’inizio della lotta.
E nessuno
dei nostri ancora tornava.
Parlare di
presentimenti, no, non mi sembra sincero. Ma di un profondo malessere che ormai
non riuscivo a domare, sì, di questo posso dire.
Guardavo la
battaglia dalla mia lontana posizione, la guardavo e rabbrividivo al pensiero
del mio amore là, perso in mezzo alla bufera.
E poi…Vidi
qualcuno corrermi incontro, furiosamente, in mezzo alle pietre di quella
spiaggia odiosa.
Non
riconobbi il suo volto, solo notai che era senza armi e che sembrava preso da un
impeto sublime.
Correva e
sollevava polvere e correva.
Mi fu
davanti.
Allora
capii chi era. Un ragazzo bellissimo che era con me da quando era un bambino,
figlio di un vecchio saggio che mi voleva bene.
Mi fu davanti.
Vidi il suo
viso che sembrava sciogliersi con le lacrime.
E provai
pena pensando a quanti amici doveva avere perso in quel giorno di guerra e in
tutti quelli prima, in quella giostra folle che ad ogni colpo di lancia
sembrava andare più veloce.
E non
pensai subito che era venuto ad annunciarmi la morte del suo amico più caro, il
ragazzo che io più di ogni altra cosa al mondo amavo.
“E’ morto”,
mi disse…ché tanto altre parole non sarebbero servite…”E’ morto”.
Tutto,
all’improvviso, mi abbandonò.
La forza
fuggì dalle mie vene, la voce mi si spense in gola e il mio corpo non resistette
più.
Caddi a
terra, come morto, ma molto più che morto.
Caddi a
terra, io, l’Eroe.
E il
ragazzo mi disse di alzarmi, di andare…perché i nemici stavano straziando il
purissimo corpo del mio Amore.
Alzarmi…andare…
E con quale
forza, voce, corpo?
Io che non
ero più né forza, né voce, né corpo.
Volevo confondermi
con la terra e le pietre. I miei capelli impastati con la spiaggia e le mie
nobili vesti putride, perché di sangue erano le mie lacrime.
Uccidermi.
A questo
solo pensavo. Ché tanto ormai ero già morto e quasi sepolto tra la sabbia
nemica.
Uccidermi.
Ma non
sentivo la forza nemmeno per cogliere un pugnale e conficcarlo nelle mie
viscere, laddove ancora più forte ora bruciava l’amore per il mio Amore.
Un pugnale,
agognavo, un pugnale che potesse darmi sollievo come l'acqua in un mezzogiorno
di agosto, un pugnale che suggellasse la mia morte.
Allungai un
braccio.
E invece del
freddo della bella lama trovai la calda carne del ragazzo, che era un bambino
quando lo conobbi.
La sua mano
strinse la mia mano…forte…come se la nostra pelle poro a poro potesse
trasmettersi forza.
Lentamente,
mi alzai.
E andammo
così.
Io, l’eroe,
con la tunica insanguinata e lui, il ragazzo, con la pelle bianchissima, mano
nella mano.
Ci
avvicinammo , salimmo su una collina.
E dalla
collina io ho guardato ancora la battaglia.
E ho visto
uomini simili a leoni strapparsi la carne di dosso.
Ho visto
uomini simili a vermi strisciare chiedendo pietà.
Ho visto
uomini simili ad avvoltoi incombere sul corpo che io per tante notti avevo
stretto fra le braccia.
E ho
dimenticato il Re che odiavo, ho dimenticato la mia schiava rubata e le offese…
E ho
urlato.
Più forte.
Ho urlato.
E mille e
mille volti ho visto alzarsi verso la collina, i volti dei leoni uguali a
quelli dei vermi come a quelli dei rapaci…i volti degli uomini.
E il mio
nome terribile che significa guerra io l’ ho visto formarsi sulle loro bocche.
E gli
avvoltoi, vili più di tutti gli altri uccelli perché si cibano di ciò che altri
hanno ucciso, io li ho visti scappare.
E poi un
silenzio che è così lontano dalla guerra è sceso sul campo seminato di morte.
E il mio amore
senza vita è tornato alle nostre tende.
Come un
bambino rapito dal sonno portato tra le braccia, io lo vidi. Ma non erano le
dolci mani di madre a cingerlo, ma quelle callose e piene di morte di un vecchio
generale.
Una notte e
un'altra e un'altra ancora sono rimasto ancora con lui.
Notti di
pianto e di veglia, di baci sui capelli di miele, carezze alla sua carne
chiara.
Poi sono
andato.
Perché la
guerra era la mia vita.
Io, Achille
glorioso, nel nome del mio Amore.
(Darkene Fabiana DiCembre)
Ah.mi sei mancata. Laly
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