Ho un elenco di almeno un po' di post da scrivere.
Solo che questo spazza tutte le mie priorità.
E' l'haute couture de Paris, signori....
Cominciamo dall'inizio.
Vi avverto subito. Ne faccio una questione personale.
Parlare di alta moda e parlare di Christian Dior per me è proprio una questione di pelle e pancia e cuore.
Per questo spezzo il mio post in due.
Il primo è più oggettivo, dice delle cose che per me sono importanti.
Il secondo è il rigurgito del cuore.
Lo avrò raccontato mille volte...ero una bambina, la moda era la mia più grande passione, organizzavo sfilate con i compagni nei cortili della scuola...Non avevo dieci anni, quasi nessuna cognizione di storia del costume. Eppure ricordo che per me fare un vestito significava usare metri e metri di stoffa, avvolgerli intorno al corpo bianco delle mie compagnucce, e lasciare strascichi, e luccichii, e ruches, e teatro, teatro, teatro...
Sono passati gli anni.
Ho scoperto la moda francese, anzi, ho scoperto Christian Dior, anzi, ho scoperto John Galliano e ho capito che quello che sognavo, che fingevo e giocavo, da qualche parte, in quel paese delle meraviglie chiamato Parigi, era realtà.
Ora, il problema non è la mia retorica.
Il problema è ciò che definiamo "bello" e ciò che irrimediabilmente è invece "brutto".
Io sono grassa, sono barocca, sono una donna che ride. Per me la moda, l'alta moda, deve avere per forza a che fare con la meraviglia, l'abbondanza, la gioia di vivere.
E' l'ancella della Bellezza.
Un compito che da tempo non spetta più all'arte figurativa, a cui lasciamo la denuncia, lo specchio dei tempi, il pugno allo stomaco.
Ma, perfavore, solleviamo la moda dal compito di parlarci di noi. Di quanto siamo meschini, di quanta paura abbiamo, di questo sonno della ragione in cui siamo piombati, del nostro medioevo quotidiano.
Ridiamole il regno di cui deve essere sovrana: Sogno e Bellezza.
Perchè a forza di grattare via con precisione quell'illusione in cui ci culliamo, che siamo tutte bellissime, che saremo principesse, che esistono le zucche che diventano carrozze, tutto il sistema è destinato ad implodere.
Parlate alla testa e non al cuore couturier...E la testa non tarderà a renderci perfettamente consapevoli che uno smalto di Kiko da euro 2.90 batte 1000 a zero uno di Chanel che costa 10 volte tanto...
Il marchio è sogno, avant toute chose. E state lavorando sodo per popolare le nostre notti di incubi.
lunedì 21 gennaio 2013
venerdì 18 gennaio 2013
Fiaba di Marinella (Omaggio ad un menestrello di nome Fabrizio)
Capitò così, all’improvviso.
Pur
pensandoci bene a Baba non venne in mente niente.
Sentiva
di avere il collo bagnato, aprì gli occhi e si ritrovò dove non era mai stata
prima.
Era
adagiata su una grossa foglia acquosa, e sotto di lei c’era un pratino fine e
vicino un fiume.
Provò
a ricostruire gli ultimi avvenimenti: era sicura di essere andata a dormire la
sera prima, nella sua cameretta rosa. Aveva messo il pigiamino con i fiori, si
era lavata con attenzione ogni dente, poi aveva stretto fra le braccia Lille,
il suo gatto bianco e grigio, ed era andata a dormire.
Poi
era arrivata la mamma, come ogni sera, e aveva cominciato con una delle sue
storie-della-dolce-nanna.
“Questa
sera Baba, ti racconterò la fiaba più bella che sia mai stata scritta”
“Con
draghi, spade e tanta magia?”
“No…però
ci sono una ragazza bellissima che diventa una stella, e un re innnamorato. E
poi le rose e i fiordalisi”.
Baba
non era sicura di sapere cosa fossero i fiordalisi, guardò Lille che stava
sdraiato al fondo del letto con l’aria di non capire esattamente di che si
parlasse e aspettò l’inizio della storia.
“Questa
di Marinella è la storia vera”, cominciò la mamma.
Da
lì in poi, nulla. Il collo bagnato e il fiume.
Baba
si alzò, tolse un po’ di petali azzurri dal pigiamino a fiori, si guardò
intorno stropicciandosi gli occhi e…cosa ci faceva Lille su una foglia in mezzo
al fiume?
“Lille,
matto! Vieniqui!”
“Vieni
tu qui, Baba!”
Ecco.
Ci mancava solo il gatto parlante.
“Lille!
Come faccio ad arrivare sulla foglia?”
Quel
gatto non era uno sciocco, e Baba lo sapeva bene, e infatti usò una rosa dal
gambo lungo come remo e si avvicinò alla riva.
“Muoviti
Baba! Devi vedere una cosa!”
“Ma
Lille…come siamo arrivati qui?”, non che lei fosse spaventata. Aveva sempre
amato le avventure e le fiabe, ma solo quelle del lieto fine.
“Non
possiamo discutere ora. Guarda lì…”
Sulla
riva opposta del fiume, c’era una ragazza bellissima, che giaceva come
addormentata.
“Guarda
Baba! Le ninfee si danno un gran da fare a spingerla a riva! Ma da sole non ce
la fanno!”
La
bambina aguzzò la vista: un mucchietto di ninfee volenterose stava cercando
disperatamente di salvare la ragazza, ma il suo vestito bianco era rimasto
impigliato alle canne…
“Lille!
Avviciniamoci!”
Detto-fatto
il gattino si mise a remare più veloce.
Baba
scese sulla riva.
“Avanti
ninfee…quando dico “Via!” voi spingete più forte e io tiro…Viaaaaaaa!”.
Lille,
Baba, i fiori…tutti fecero del loro meglio. Due aironi gentili cercarono di
liberare il vestito della ragazza, e una volta portata in salvo a riva le
farfalle cominciarono a svolazzarle sulle guance per provare a svegliarla.
Tutto
in lei era immobile.
“Sembra
proprio una bambola”, constatò Baba con aria molto seria. E una bambola
sembrava davvero. Con i lunghi capelli neri ondulati, le guance rosa e la pelle
morbida.
Una
famiglia di paperelle si avvicinò. Mentre i pulcini le accarezzavano le mani
mamma papera la guardò bene e disse: “Ma questa è Marinella! Vive in una
casetta laggiù. Ogni giorno viene sulla riva del fiume e ci porta del pane…”. A
sentirla parlare così si avvicinarono le primule e le coccinelle e le api: “E’
Marinella! E’ Marinella! Oh, povera Marinella!”.
Baba
non ci mise molto a capire : “Sono scivolata nella storia di Marinella! Quella
che la mamma mi stava raccontando…Oh, se solo avessi ascoltato fino alla
fine!”.
Mentre
tutti discutevano animatamente sul da farsi si sentì all’improvviso una voce.
Arrivava da lontano e risuonava nell’aria come un soffio. “Povera Marinella.
E’così bella. Lasciate fare a me. Sono il vento. La spingerò su una stella,
perché possa illuminare la notte”.
Tutti
furono ammutoliti.
Baba
aveva i brividi, non era sicura fosse solo colpa del pigiamino leggero, e due
piccole lacrime le scesero lentamente.
“Marinella
ci mancherà tantissimo” piangevano tutti gli insetti.
“Faccela
almeno salutare” fecero eco i fiori.
Il
fiume intonò un canto. Baba spazzolò i capelli della ragazza con il pettinino
rosa delle bambole che aveva sempre in tasca.
Le
coccinelle disegnarono cuori nel cielo, le rose fecero cadere tutti loro petali
per profumarla, le libellule intrecciarono fiordalisi nel suo vestito.
Ma
all’improvviso ecco arrivare Lille trafelato: “ Venite! Venite! C’è un Re senza
corona e con un mantello rosso! Sta bussando da ore alla porta di Marinella!”.
Gli uccellini corsero a chiamarlo.
Lui
si inginocchiò accanto a lei e disse “Non andare via Marinella. Urlerò per
cento anni il tuo nome se servirà a farti ridestare!”.
Fu
così che la luna e il sole ebbero pietà del loro amore.
E
concessero a quella piccola stella di svegliarsi.
“Ho
sempre amato le fiabe del lieto fine”, si mise a canterellare Baba contenta.
Abbracciò Marinella, il Re e gli animali del fiume, prese Lille fra le braccia
e si riposizionò sulla grossa foglia acquosa.
Quando
aprì gli occhi il sole stava già entrando dalla finestra.
Corse
in cucina. Lille aveva in bocca un fiordaliso e lo porse felice alla mamma.
“
Lo sai che avevi ragione?”, disse Baba, “quella di Marinella è davvero la fiaba
più bella che sia mai stata scritta”.
Darkene F. DiCembre
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giovedì 13 dicembre 2012
Nora.
E' che mi capita un sacco di volte di pensare a te.
E che ti vorrei parlare.
Ma poi accade sempre qualcosa, non so...come se il cielo congiurasse contro di noi o fosse in qualche modo la nostra paura a spingerci lontane.
E' che la mia vita si è ribaltata e ci sono un sacco di cose e di persone che sono diventate polvere.
A volte vorrei riavere tutto come lo avevo prima.
Ma poi, lo sappiamo ebne tutte e due, è come quell'uomo...quando ti giri non puoi tornare indietro.
Però te...è sempre stato tutto un on/off tra di noi.
Ti amo e poi ti amo e poi ti odio e poi...ti amo.
E volevo solo dirtelo.
Volevo scriverti in privato. Ma non ne sono più capace.
Comunque non lo so se c'entra il fatto che ieri ho visto Nina Zilli, o che improvvisamente per un attimo sia tornato Michael nelle nostre vite, o è il maledetto Natale con tutta quella Bellezza e le luci in giro...
So che è qualcosa che ha a che fare con il passato e la voglia ogni tanto di riaverne un pezzettino.
E a volte vorrei che fosse anche il futuro.
Ma abbiamo pianto così tanto e non posso permettermi riaccada.
Sempretua,
E che ti vorrei parlare.
Ma poi accade sempre qualcosa, non so...come se il cielo congiurasse contro di noi o fosse in qualche modo la nostra paura a spingerci lontane.
E' che la mia vita si è ribaltata e ci sono un sacco di cose e di persone che sono diventate polvere.
A volte vorrei riavere tutto come lo avevo prima.
Ma poi, lo sappiamo ebne tutte e due, è come quell'uomo...quando ti giri non puoi tornare indietro.
Però te...è sempre stato tutto un on/off tra di noi.
Ti amo e poi ti amo e poi ti odio e poi...ti amo.
E volevo solo dirtelo.
Volevo scriverti in privato. Ma non ne sono più capace.
Comunque non lo so se c'entra il fatto che ieri ho visto Nina Zilli, o che improvvisamente per un attimo sia tornato Michael nelle nostre vite, o è il maledetto Natale con tutta quella Bellezza e le luci in giro...
So che è qualcosa che ha a che fare con il passato e la voglia ogni tanto di riaverne un pezzettino.
E a volte vorrei che fosse anche il futuro.
Ma abbiamo pianto così tanto e non posso permettermi riaccada.
Sempretua,
martedì 11 dicembre 2012
Voglio sposare un uomo che faccia tanto ridere.
Girocchiando fra i social network e alcuni blog ogni tanto mi chiedo...
Ma perchè invece di questo talento da scribacchina psicodrammatica, che istiga alle lacrime e allo strappaggio dei capelli, sempre pronta a finali ad effetto e incitamenti da tragedia merolana (o meroliana? mhmm...vabeh) non so far sorridere?
Attenzione, non dico morir dal ridere (che quel morir in effetti mi attirerebbe pure...), sbellicare, far cadere dalle sedie. Ma almeno sorridere, anche in modo amaro al limite!
Analisi sociali taglienti, freddure da brivido...cose così.
Perdindirindina.
Tutta colpa del cinema. Sempre lì a guardare Via col vento. O di mia madre...che invece di raccontarmi barzellette mi ha allevata a Leopardi. E che stava sempre lì a parlarmi della povera marinella piuttosto che del bombarolo. Dannazione.
Voglio sposare un uomo che faccia tanto ridere.
O almeno che somigli a Clark Gable.
Ma perchè invece di questo talento da scribacchina psicodrammatica, che istiga alle lacrime e allo strappaggio dei capelli, sempre pronta a finali ad effetto e incitamenti da tragedia merolana (o meroliana? mhmm...vabeh) non so far sorridere?
Attenzione, non dico morir dal ridere (che quel morir in effetti mi attirerebbe pure...), sbellicare, far cadere dalle sedie. Ma almeno sorridere, anche in modo amaro al limite!
Analisi sociali taglienti, freddure da brivido...cose così.
Perdindirindina.
Tutta colpa del cinema. Sempre lì a guardare Via col vento. O di mia madre...che invece di raccontarmi barzellette mi ha allevata a Leopardi. E che stava sempre lì a parlarmi della povera marinella piuttosto che del bombarolo. Dannazione.
Voglio sposare un uomo che faccia tanto ridere.
O almeno che somigli a Clark Gable.
lunedì 3 dicembre 2012
giovedì 29 novembre 2012
Pensierini...
Mi traballano mille pensieri nella testa...
Dovrei prendere appunti per non perderli....
Vorrei dire qualcosa a proposito della violenza sulle donne.
Poi vorrei spiegarvi perchè mi accanisco tanto contro un certo sindaco.
E parlarvi dei pezzi che ho lasciato in strada.
Dovrei anche riprendere in mano il mio libro.
E poi ho un nuovo progetto per il quale incrocio forte le dita.
Mi sento ripartita, piena di good vibes...Nonostante il tempaccio.
Cmq ho deciso.
Faccio lo scrittore da grande.
Dovrei prendere appunti per non perderli....
Vorrei dire qualcosa a proposito della violenza sulle donne.
Poi vorrei spiegarvi perchè mi accanisco tanto contro un certo sindaco.
E parlarvi dei pezzi che ho lasciato in strada.
Dovrei anche riprendere in mano il mio libro.
E poi ho un nuovo progetto per il quale incrocio forte le dita.
Mi sento ripartita, piena di good vibes...Nonostante il tempaccio.
Cmq ho deciso.
Faccio lo scrittore da grande.
giovedì 22 novembre 2012
Io che vesto di nero.
Faccio da sempre parte di una minoranza.
Una di quelle che i bulli adorano sfottere, che i media adorano sfottere, che il mondo sfotte continuamente.
Ho pagato con la solitudine, con le lacrime, con la rabbia, imparando fin da piccolissima il significato della parola: "diverso".
E poi ho imparato anche ad essere la più simpatica, quella divertente, quella che si prende in giro, più saggia, più intelligente, più studiosa. A vestirmi di nero.
Ho riempito la mia vita di "più" per cercare di far sparire quel "più" che mi rendeva aliena.
I chili in più.
Forse è per questo che da sempre sono innamorata delle "minoranze".
Soprattutto di quelle sopra le righe, che fanno rumore, che sono vistose quanto una ragazza grassa...per esempio le minoranze che si vestono di rosa.
Dagli sguardi delle persone che per "difetti congeniti" vengono additate e derise non mi sono mai sentita giudicata, umiliata, messa da parte.
Essere grassi ed essere omosessuali è la stessa cosa.
Significa essere se stessi, non allinearsi, non essere conformi, difficili da inscatolare, complessi da capire.
Significa essere coraggiosi.
Ma lo sapete quanto ne serve di questo coraggio per andare a scuola ogni giorno, ai colloqui di lavoro, in metropolitana, al corso di ballo, ai tempi di facebook e del tutto davanti agli occhi di tutti sempre e comunque?
Ne serve molto più di quanto sia dato in dotazione naturale.
Serve che il coraggio sia nutrito da genitori pazzeschi, insegnanti straordinari, amici veri, incontri giusti...
Serve un cuscino culturale che ti faccia capire bene che quello perfetto sei tu, perchè sei un uomo e contieni moltitudini,* qualsiasi siano la tua taglia, il tuo orientamento sessuale, il colore dei vestiti che porti...la tua religione, il colore della tua pelle, il funzionamento dei tuoi arti...
E che i figli di puttana sono loro. Sono loro i diversi, sono loro che si devono sentire una minoranza...quelli che ridacchiano quando cammini, che pensando di non essere visti danno di gomito al loro vicino indicandoti, gli ignoranti, gli indifferenti...
Una legge sull'omofobia è forse meglio di niente.
Ma deve essere accompagnata dall'educazione. L'educazione ad ascoltare, a cambiare punti di vista, a non sentirsi mai troppo sicuri. Quella che ti insegni che dentro i libri si trova più vita di quanta ce ne sia nelle strade, che un film o un disco possono cambiarti davvero, che dire "grazie" e "prego" ti rendono una persona migliore, che gli esseri umani sono meravigliosi.
Lo devono fare le famiglie, la scuola , la politica.
Lo dobbiamo fare tutti noi.
Non dobbiamo stare mai zitti, non dobbiamo nasconderci, mai sottrarci al nostro dovere civile.
Oggi piangiamo l'ennesimo ragazzino che vestiva di rosa.
Quei bulli bastardi e i loro genitori, in primis, sono gli esecutori materiali di un omicidio e non possono essere giustificati dalla loro ignoranza. Mai.
Ma chiunque altro si sottragga al giudizio, faccia finta di nulla, distolga lo sguardo, si lavi le mani è colpevole di connivenza.
*Walt Whitman
Una di quelle che i bulli adorano sfottere, che i media adorano sfottere, che il mondo sfotte continuamente.
Ho pagato con la solitudine, con le lacrime, con la rabbia, imparando fin da piccolissima il significato della parola: "diverso".
E poi ho imparato anche ad essere la più simpatica, quella divertente, quella che si prende in giro, più saggia, più intelligente, più studiosa. A vestirmi di nero.
Ho riempito la mia vita di "più" per cercare di far sparire quel "più" che mi rendeva aliena.
I chili in più.
Forse è per questo che da sempre sono innamorata delle "minoranze".
Soprattutto di quelle sopra le righe, che fanno rumore, che sono vistose quanto una ragazza grassa...per esempio le minoranze che si vestono di rosa.
Dagli sguardi delle persone che per "difetti congeniti" vengono additate e derise non mi sono mai sentita giudicata, umiliata, messa da parte.
Essere grassi ed essere omosessuali è la stessa cosa.
Significa essere se stessi, non allinearsi, non essere conformi, difficili da inscatolare, complessi da capire.
Significa essere coraggiosi.
Ma lo sapete quanto ne serve di questo coraggio per andare a scuola ogni giorno, ai colloqui di lavoro, in metropolitana, al corso di ballo, ai tempi di facebook e del tutto davanti agli occhi di tutti sempre e comunque?
Ne serve molto più di quanto sia dato in dotazione naturale.
Serve che il coraggio sia nutrito da genitori pazzeschi, insegnanti straordinari, amici veri, incontri giusti...
Serve un cuscino culturale che ti faccia capire bene che quello perfetto sei tu, perchè sei un uomo e contieni moltitudini,* qualsiasi siano la tua taglia, il tuo orientamento sessuale, il colore dei vestiti che porti...la tua religione, il colore della tua pelle, il funzionamento dei tuoi arti...
E che i figli di puttana sono loro. Sono loro i diversi, sono loro che si devono sentire una minoranza...quelli che ridacchiano quando cammini, che pensando di non essere visti danno di gomito al loro vicino indicandoti, gli ignoranti, gli indifferenti...
Una legge sull'omofobia è forse meglio di niente.
Ma deve essere accompagnata dall'educazione. L'educazione ad ascoltare, a cambiare punti di vista, a non sentirsi mai troppo sicuri. Quella che ti insegni che dentro i libri si trova più vita di quanta ce ne sia nelle strade, che un film o un disco possono cambiarti davvero, che dire "grazie" e "prego" ti rendono una persona migliore, che gli esseri umani sono meravigliosi.
Lo devono fare le famiglie, la scuola , la politica.
Lo dobbiamo fare tutti noi.
Non dobbiamo stare mai zitti, non dobbiamo nasconderci, mai sottrarci al nostro dovere civile.
Oggi piangiamo l'ennesimo ragazzino che vestiva di rosa.
Quei bulli bastardi e i loro genitori, in primis, sono gli esecutori materiali di un omicidio e non possono essere giustificati dalla loro ignoranza. Mai.
Ma chiunque altro si sottragga al giudizio, faccia finta di nulla, distolga lo sguardo, si lavi le mani è colpevole di connivenza.
*Walt Whitman
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