Non si guardano nemmeno, persi
in pensieri asciutti che si sciolgono nel ghiaccio dei loro spritz insipidi.
Improvvisamente non c'è più nulla che sia importante da dire. O anche solo che
non lo sia, ma possa riempire di suoni quel vuoto. Eppure no. Non una parola
che sia vera. Non un piccolo cenno, un'emozione da poco. E allora meglio questo
silenzio annacquato che ottunde, culla e stordisce un po'. Come sia possibile
che dopo anni di parole, pesanti/potenti/perfette, a volte urlate/insicure/laceranti, come è possibile, si chiede lei, che all'improvviso in
questo ultimo pomeriggio d'estate, non ci sia più nulla che valga la pena di
essere detto?
È necessario che si trovino
almeno delle colpe, per provare a sopravvivere al male.
"Comunque sia andata io
verrò al tuo funerale", dice, senza troppo pensare.
"Grazie. È rassicurante. E
al mio matrimonio, verrai?"
lo guarda in quegli occhi verdi
verdi e per un attimo si pensa lì, in chiesa, vestita di nero, mentre spia i sorrisi
limpidi della donna a cui lui dirà "per sempre".
Sente la sua voce dire:
"verrò, se mi inviterai" e nella verità di quella risposta,
improvvisamente, si accorge di quanto anni luce lontana sia ormai da
quell'amore.
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