E bravo Professore.
Applaudo.
La tua scelta di partecipare al prossimo Festival di Sanremo è una delle cose più sensate che abbia visto fare da un bel po' di tempo a questa parte.
E sì prof. Tu e tuoi saggi colleghi...ci avete lasciato per anni divorare dai cattivi maestri, avete permesso che si facesse rimare "Amore" con "cuore" un milione di volte di seguito, fino a instupidirci, fino a farci credere che le cose potessero stare davvero così...Affogati in questa valle di lacrime dove l'unica speranza rimasta sembrava essere quella di mettersi a far l'amore col boccaglio...in tutti i luoghi, in tutti i laghi...
E chissenefrega se le classifiche le scalava gente che intitola gli album plagiando clamorosamente bambini di quattro anni, e te lo dò io il mondo in un secondo, e pure le stelle se mi capiti fra le mani.
Ma che ve ne importava?
La massa decerebrata non ci merita, e che se vogliono farsi furbi vadano al museo, che magari ci trovano un disco di De Andrè.
Non so quanti mesi fa fossero...c'era uno di quei premi cretini da seconda serata...Io avevo letto da qualche parte che saresti stato ospite. E allora me li sono sorbiti tutti, tutti professore.
Sembrava il carnevale della corte dei miracoli...imbellettai, impomatati, ingellati...un po' alla moda ma non troppo, per fare figo, sì, ma anche per conservare quell'alone di veracità che ci piace tanto a noi italiani...Giovanotti dai nomi improbabili e ragazzine scarmigliate, perchè sulla femmina l'effetto "le cattive ragazze vanno dappertutto" ci piace ancor di più...Ho provato ad ascoltare quello che dicevano, e nella migliore delle ipotesi non dicevano niente, ma quel niente che fa male, perché è talmente vuoto che nemmeno più il diavolo si prende la briga di farsene carico...Poi sei arrivato tu. E le tue rose blu. E io ci scommetto che le stesse mani che ti applaudivano un minuto prima avevano applaudito qualche Amico. E allora vedi che si può, mi sono detta?
Ma sì, professore. Certo che io sono una snob. Lo sono sempre stata e in gran parte è pure colpa tua. Però ci provo sempre a capire le ragioni degli altri. E amo questa mia derelitta generazione.
Perché i bambini non accompagnati non vanno da nessuna parte. Al limite possono schiacciare qualche pulsante di una televisione impazzita.
E hai visto mai che cambiando canale in una sera di febbraio, tra le cosce di una starlette e il sederino di un'escort di lusso, tra le querule urla di un pollaio delle banalità e un vecchio cantante, che ora è un giovane presentatore, che si impapinerà leggendo i 1000 numeri del televoto delle meraviglie vedranno apparire te. Il professore. Che con quell'aria seria solo a metà, gli ampi gesti delle braccia sempre così pronte a spiccare il volo, ripeterai per l'ennesima volta in un modo ancora nuovo per gli alunni distratti o quelli assenti la tua splendida lezione: gli uomini son come il mare, l'azzurro capovolto che riflette il cielo.
Ci vediamo a Sanremo professore...
venerdì 5 novembre 2010
lunedì 13 settembre 2010
Welcome home Tom!
Ok.
Non abbiamo ancora uno straccio di foto.
La mia strada per stare fra i 100 giornalisti + pugno di celebrities invitati ufficialmente allo show è ancora lunga.
Però...
Voglio ugualmente esprimere la mia spropositata gioia per il ritorno ufficiale, dopo sei anni, di Tom Ford al womenswear, e per la prima volta con il suo nome.
Ieri sera a NY, nel suo mozzafiatante negozio di Madison Avenue, alla presenza di un solo fotografo ufficiale e di pochissimi eletti (che pare abbiano firmato promesse di segretezza!), Tom Ford ha presentato una manciata di abiti della collezione donna che vedremo a gennaio...
Tra i pochi dettagli che trapelano: la presenza di molto nero, seta, tulle, corsetti e motivi leopardati...
Che a me suona come: ti invito a nozze, baby!
Perfetto. Fashionistas del mondo unitevi al coro!
Bentornato a casa Tom!
Sapresti rendere elegante qualsiasi uomo, i tuoi occhiali sono magnifici, i tuoi profumi i migliori e A Single Man uno dei film più perfetti che abbiano mai attraversato lo schermo...però...però...però...
Tu sei uno stilista, dannazione!
E gli stilisti disegnano gli abiti per le donne!
Ecco tutto.
Mica per altro, figurati.
Non abbiamo ancora uno straccio di foto.
La mia strada per stare fra i 100 giornalisti + pugno di celebrities invitati ufficialmente allo show è ancora lunga.
Però...
Voglio ugualmente esprimere la mia spropositata gioia per il ritorno ufficiale, dopo sei anni, di Tom Ford al womenswear, e per la prima volta con il suo nome.
Ieri sera a NY, nel suo mozzafiatante negozio di Madison Avenue, alla presenza di un solo fotografo ufficiale e di pochissimi eletti (che pare abbiano firmato promesse di segretezza!), Tom Ford ha presentato una manciata di abiti della collezione donna che vedremo a gennaio...
Tra i pochi dettagli che trapelano: la presenza di molto nero, seta, tulle, corsetti e motivi leopardati...
Che a me suona come: ti invito a nozze, baby!
Perfetto. Fashionistas del mondo unitevi al coro!
Bentornato a casa Tom!
Sapresti rendere elegante qualsiasi uomo, i tuoi occhiali sono magnifici, i tuoi profumi i migliori e A Single Man uno dei film più perfetti che abbiano mai attraversato lo schermo...però...però...però...
Tu sei uno stilista, dannazione!
E gli stilisti disegnano gli abiti per le donne!
Ecco tutto.
Mica per altro, figurati.
venerdì 3 settembre 2010
CORNUCOPIA...l'abbondanza della Bellezza secondo SuperHirst
Una mostra di Damien Hirst al Museo Oceanografico di Montecarlo.
3 piccioni con una fava…vedere per la prima volta dal vivo le opere di uno degli dei del mio Olimpo, in un acquario (che è il non-luogo che più adoro al mondo) nel Principato di Monaco, pane prelibato per i miei denti fashionisti.
Imperdibile.
Fuori dal Museo, appena prima di entrare, il succulento antipasto offerto da Hirst è uno splendido unicorno mezzo bianco e mezzo senza pelle, con i muscoli al vento…eccitazione per signorine, è solo una scultura di bronzo. Quello che attende in cima alle scale è la prima rivelazione: After the Flood. Una colomba bianca che tiene nel becco un ramoscello di ulivo è incastonata in volo nella formaldeide azzurra. Giriamo intorno a quest’immacolata visione per un tempo lunghissimo…come bambini ci divertiamo a salutarci da una parte all’altra della vasca per vedere che effetto fa vedersi immersi nella gelatina azzurra.
Poi, finalmente, entriamo nella prima sala. Il centro è completamente occupato da lui: The Immortal. Un enorme squalo con la bocca spalancata bloccato per l’eternità nella vasca formalinica.
Quello che mi ha sempre affascinato delle opere di Hirst è il loro titolo. La cosa in sé può piacerti oppure meno. Ma quando scopri come si chiama tutto acquista un senso nuovo. Non racchiude del resto il nome quello che siamo? Non è forse la prima cosa che ci viene data, quella che non ci abbandonerà mai?
Forse una rosa se non si chiamasse rosa profumerebbe ugualmente…ma uno squalo che ti guarda, perfettamente intatto e magnifico, fermato in un blocco di 5 metri, è veramente la cosa più vicina all’immortalità terrena che si possa immaginare. Quindi se non si chiamasse The Immortal non sarebbe lo stesso squalo. E Hirst lo stesso genio.
La visita prosegue…Ci sono i rosoni di farfalle di migliaia di colori, emozionante e crudele inno alla perfezione del creato. E le pietre preziose artificiali allineate su scaffali dorati, gelide, ma così luccicanti. Di qua l’uomo, di là la natura. In mezzo “Anatomy of an Angel”, un angelo scolpito nel marmo bianco di carrara, mezzo magnifico, mezzo scarnificato.
ietro di lui una delle opere più recenti, The Forgiveness, oltre 3500 insetti messi in fila in una teca, splendido monumento al consumismo, sottile presagio del futuro?
«In ogni cosa bella io vedo la corruzione della morte» dice Tom Ford, altro artistar e gran geniaccio. Sembrerebbe valere perfettamente per Hirst. Che ha però l’ardire di aggiungere: «Sono ossessionato dalla morte, però credo sia una celebrazione della vita e non qualcosa di macabro. La morte non esiste senza la vita. Credo che la sola cosa che esista sia l’ossessione della morte, è un modo per celebrare la vita. Cerchi qualcosa che non trovi». Ogni altro commento è superfluo. E in questo tempio del mare e della morte che è il Museo Oceanografico di Montecarlo, un immenso laboratorio di scienze naturali dove tutto è un resto di ciò che era e dove regna un innaturale silenzio, la lezione di Hirst ci appare ancora più vera.
Anzi. A ben vedere di lezione Hirst ce ne dà pure un’altra. In mezzo a migliaia di animali in formaldeide stipati nelle bacheche del museo e a 60 opere del più quotato artista contemporaneo ci sembra finalmente di afferrare cosa sia l’Arte.
Perché quello che passa tra un calamaro sotto vetro e The Immortal è tutto il suo senso.
E il gesto dell’artista. E il nome che gli attribuisce.
Lascio il Museo Oceanografico con una certezza.
Damien Hirst è il più grande.
Tanti, forse quasi tutti, passeranno e con loro le quotazioni delle loro opere. Non lui. Che in questa commistione perfetta di bellezza e morte, di orrore e magnificenza ha ritratto con esattezza lo strano senso di nulla del nostro presente.
P.S.
Mentre ci perdiamo per le strade strette del Principato mi sovviene un ricordo.
Era il 25 Agosto di un paio di anni fa.
Io e Damien Hirst ci siamo incrociati. Lui aveva una lattina di coca cola nella tasca della giacca elegante. Io un vestitino a pois. Credo che questo dica molto di entrambi.
Abbiamo sorriso.
Conservo quell'attimo nello scrigno delle cose preziose.
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giovedì 12 agosto 2010
La cura, ovvero un concerto del Maestro Battiato.
Si va in gita in montagna, si va in gita in montagna, si va in gita in montagna trallalllà!!!
Inizia così. Cronaca di due giornate Valdostane.
Un paio d’ore di auto guidati dal nostro fido chauffeur (finalmente ho capito a cosa sono serviti tanti anni di devozione a Schumacher a mia sorella!) ed ecco stagliarcisi davanti il Castello di Fenis.
Panini, birre nella borsa frigo, biscottini, un parco con i tavoli scolpiti nel legno e la fontana che regala acqua di montagna… “Verrà a piovere?” “Chiamiamo Marco che controlli il Meteo!” “Tranquille ragazze…in Valle c’è sempre vento!”.
Non è poi così difficile la felicità.
Passare con le persone che ami in una giornata d’estate a elucubrare sulle cose del mondo fra un affresco nel cortile di un castello di montagna e l’attesa di un concerto da favola.
Quando ci sediamo ai nostri posti la vista ci mozza il fiato in gola…l’enorme palcoscenico che ospiterà Franco Battiato, Francuzzo, il Maestro e, udite udite, la Royal Philarmonic Orchestra con lui, è sprovvisto di fondale…perché a fare da scenario naturale nientedimeno del Castello di Fenis…Finezze da consumati scenografi.
E il mio primo concerto di Battiato. E ho deciso che chiuderò in un pacchetto il mio dolore e lo butterò giù da questi monti. E avrò il maestro come testimone.
La serata è ad altissima concentrazione di tuffi al cuore. Non manca niente. Haiku, E io tra di voi, Te lo leggo negli occhi, Inverno, Gli uccelli…perfetto.
Il maestro beve succo d’ananas seduto su un tappeto. Il vento diventa freddissimo e allora si adagia una coperta sulle ginocchia.
Io mi stringo nello scialle del mio Petit Prince e nel pensier mi fingo una piccola Dorothy davanti al suo mago di Oz, al quale chiedo il sorriso e il coraggio.
Poi arriva La canzone dei Vecchi Amanti…che non osavo nemmeno sognarmelo di sentirla dal vivo prima o poi. Un pensiero corre a Lisa, che me l’ha insegnata, e al bene che le voglio da lontano.
Abbraccio le Prince accanto a me. E insieme singhiozziamo in quel modo da bambini…con tutto il corpo che si scuote percosso dalle note. Poi tocca a La Cura. L’unica canzone che l’abuso e il tempo non riescono a scalfire. Quella che ogni volta mi fa dire: se esiste un uomo che può scrivere versi simili allora è proprio vero che tutto l’universo obbedisce all’amore… ;-)
Il concerto sembra ormai perdersi in questa infinita tristezza quando il Maestro decide di dare una bella svolta: la canzone che tutta la platea sognava di cantare, quella Povera Patria che, parola di Francuzzo, è ormai diventata una “poverissima patria”…Mentre canto penso a quanta voglia ho di abbandonarla e quanto amore provo nonostante tutto per lei… “sì che cambierà, vedrai che cambierà” però temo che ci stancheremo di aspettare la Primavera… Applausi infiniti. Come può essere emozionante il compatire.
E ti vengo a cercare è altera bellezza. E poi è la canzone di mia sorella…Quindi me la godo guardandola sorridere.
Con l’Era del cinghiale bianco il grande piazzale del castello di Fenis diventa una sorta di discoteca psichedelica all’aperto… le gambe non riescono a fermarsi e quando Francuzzo ci esorta ad avvicinarci a lui, abbandonando la coperta e alzandosi, correre verso il palco è una liberazione che solo chi frequenta i concerti può capire… Ballare insieme al Maestro e a centinaia di persone di qualsiasi età, uomini, donne, tantissimi ragazzi, che tendono le mani verso di lui e aspettano le sue parole come pane è un’altra di quelle robe difficili da descrivere.
E di cui ringraziare Dio.
Si chiude con La stagione dell’amore, Voglio vederti ballare, Prospettiva Nevsky e Cuccurucucu Paloma…
Battendo le mani, i piedi per terra…in un rito di gioia collettiva così sacro e così pagano.
Il concerto finisce e ci sentiamo così leggere. Abbiamo così tanto pianto, riso, ballato, gioito…
Non è facile trovare l’alba dentro l’imbrunire. Ma quando succede maestro, quali colori inimaginati!
Inizia così. Cronaca di due giornate Valdostane.
Un paio d’ore di auto guidati dal nostro fido chauffeur (finalmente ho capito a cosa sono serviti tanti anni di devozione a Schumacher a mia sorella!) ed ecco stagliarcisi davanti il Castello di Fenis.
Panini, birre nella borsa frigo, biscottini, un parco con i tavoli scolpiti nel legno e la fontana che regala acqua di montagna… “Verrà a piovere?” “Chiamiamo Marco che controlli il Meteo!” “Tranquille ragazze…in Valle c’è sempre vento!”.
Non è poi così difficile la felicità.
Passare con le persone che ami in una giornata d’estate a elucubrare sulle cose del mondo fra un affresco nel cortile di un castello di montagna e l’attesa di un concerto da favola.
Quando ci sediamo ai nostri posti la vista ci mozza il fiato in gola…l’enorme palcoscenico che ospiterà Franco Battiato, Francuzzo, il Maestro e, udite udite, la Royal Philarmonic Orchestra con lui, è sprovvisto di fondale…perché a fare da scenario naturale nientedimeno del Castello di Fenis…Finezze da consumati scenografi.
E il mio primo concerto di Battiato. E ho deciso che chiuderò in un pacchetto il mio dolore e lo butterò giù da questi monti. E avrò il maestro come testimone.
La serata è ad altissima concentrazione di tuffi al cuore. Non manca niente. Haiku, E io tra di voi, Te lo leggo negli occhi, Inverno, Gli uccelli…perfetto.
Il maestro beve succo d’ananas seduto su un tappeto. Il vento diventa freddissimo e allora si adagia una coperta sulle ginocchia.
Io mi stringo nello scialle del mio Petit Prince e nel pensier mi fingo una piccola Dorothy davanti al suo mago di Oz, al quale chiedo il sorriso e il coraggio.
Poi arriva La canzone dei Vecchi Amanti…che non osavo nemmeno sognarmelo di sentirla dal vivo prima o poi. Un pensiero corre a Lisa, che me l’ha insegnata, e al bene che le voglio da lontano.
Abbraccio le Prince accanto a me. E insieme singhiozziamo in quel modo da bambini…con tutto il corpo che si scuote percosso dalle note. Poi tocca a La Cura. L’unica canzone che l’abuso e il tempo non riescono a scalfire. Quella che ogni volta mi fa dire: se esiste un uomo che può scrivere versi simili allora è proprio vero che tutto l’universo obbedisce all’amore… ;-)
Il concerto sembra ormai perdersi in questa infinita tristezza quando il Maestro decide di dare una bella svolta: la canzone che tutta la platea sognava di cantare, quella Povera Patria che, parola di Francuzzo, è ormai diventata una “poverissima patria”…Mentre canto penso a quanta voglia ho di abbandonarla e quanto amore provo nonostante tutto per lei… “sì che cambierà, vedrai che cambierà” però temo che ci stancheremo di aspettare la Primavera… Applausi infiniti. Come può essere emozionante il compatire.
E ti vengo a cercare è altera bellezza. E poi è la canzone di mia sorella…Quindi me la godo guardandola sorridere.
Con l’Era del cinghiale bianco il grande piazzale del castello di Fenis diventa una sorta di discoteca psichedelica all’aperto… le gambe non riescono a fermarsi e quando Francuzzo ci esorta ad avvicinarci a lui, abbandonando la coperta e alzandosi, correre verso il palco è una liberazione che solo chi frequenta i concerti può capire… Ballare insieme al Maestro e a centinaia di persone di qualsiasi età, uomini, donne, tantissimi ragazzi, che tendono le mani verso di lui e aspettano le sue parole come pane è un’altra di quelle robe difficili da descrivere.
E di cui ringraziare Dio.
Si chiude con La stagione dell’amore, Voglio vederti ballare, Prospettiva Nevsky e Cuccurucucu Paloma…
Battendo le mani, i piedi per terra…in un rito di gioia collettiva così sacro e così pagano.
Il concerto finisce e ci sentiamo così leggere. Abbiamo così tanto pianto, riso, ballato, gioito…
Non è facile trovare l’alba dentro l’imbrunire. Ma quando succede maestro, quali colori inimaginati!
(Franco Battiato, la Royal Philarmonic Orchestra, il castello di Fenis)
martedì 3 agosto 2010
Ehilà…
Ehilà…
Temo di essere talmente indietro da non poter recuperare!
Eppure tra il lavoro, il sonno arretrato, gli inseguimenti di chimere è da un sacco che non trovo il tempo di sedermi qui davanti e scrivere.
Ho un conciliabolo di idee nel cervello che prima o poi troveranno sfogo.
Vabeh, proverò ad andare con un minimo di ordine iniziando dal mio amato blog.
L’Estate è una cosa meravigliosa. Mi rendo conto di passare l’inverno in pieno letargo e di essere viva solo quando il sole si insinua sotto la mia pelle…abitini vezzosi, occhiali da sole, l’odore della crema…
E poi Estate da tanti anni per me fa rima con concerti. E ai concerti si legano da sempre i miei ricordi più preziosi.
E allora partiamo da qui.
Temo di essere talmente indietro da non poter recuperare!
Eppure tra il lavoro, il sonno arretrato, gli inseguimenti di chimere è da un sacco che non trovo il tempo di sedermi qui davanti e scrivere.
Ho un conciliabolo di idee nel cervello che prima o poi troveranno sfogo.
Vabeh, proverò ad andare con un minimo di ordine iniziando dal mio amato blog.
L’Estate è una cosa meravigliosa. Mi rendo conto di passare l’inverno in pieno letargo e di essere viva solo quando il sole si insinua sotto la mia pelle…abitini vezzosi, occhiali da sole, l’odore della crema…
E poi Estate da tanti anni per me fa rima con concerti. E ai concerti si legano da sempre i miei ricordi più preziosi.
E allora partiamo da qui.
venerdì 9 luglio 2010
John Galliano's Eden
" Nature is the most inspiring teacher"...come è vero Sir Galliano.
Ti svegli un mattino e c'è il sole, esci in giardino e scopri che esistono più tonalità di verde di quelle che avresti mai potuto immaginare...
Un sacco di persone mi chiedono come faccio a vivere in un posto così scomodo. Io sorrido e non rispondo di solito, celando dentro di me il segreto. Potrei dire: e voi come fate, voi che non sapete cosa siano i colori e gli odori, e il vento e il silenzio.
Sto divagando.
Ma volevo il mood giusto per introdurre una delle collezioni d'arte più belle che io abbia mai visto.
Lo spettacolo portato in scena al Museo Rodin il 5 luglio, prima sfilata dell'Haute Couture parigina, è stata una sciarada di colore e perfezione, altissima sartoria e vera passione...
John Galliano ha detto di essersi ispirato per la collezione al giardino di "Les Rhumbs", la casa d'infanzia di Monsieur Dior in Normandia...(una meta, tra l'altro, da non dimenticare, save the place, capito Sorelles?)...
Osservare i tulipani per ore assaggiandone i cambiamenti di luce, la consistenza, i movimenti impercettibili...questo ha fatto Galliano.
Vengono in mente il Bel meriggio d'or di Alice...e i suoi mirabolanti Tulli-tulli-tullipan.
Le gonne esplodono come fuochi d'artificio, i corpetti leggeri scoprono mille sfumature, come cinture nastri di rafia e in testa il cellophane dei mazzi (se n'è occupato Stephen Jones!)...
Ok. Smetto di parlare e vi lascio qualche foto.
I miei fiori preferiti in questo clamoroso Eden figlio del genio del più grande artista vivente...


Ti svegli un mattino e c'è il sole, esci in giardino e scopri che esistono più tonalità di verde di quelle che avresti mai potuto immaginare...
Un sacco di persone mi chiedono come faccio a vivere in un posto così scomodo. Io sorrido e non rispondo di solito, celando dentro di me il segreto. Potrei dire: e voi come fate, voi che non sapete cosa siano i colori e gli odori, e il vento e il silenzio.
Sto divagando.
Ma volevo il mood giusto per introdurre una delle collezioni d'arte più belle che io abbia mai visto.
Lo spettacolo portato in scena al Museo Rodin il 5 luglio, prima sfilata dell'Haute Couture parigina, è stata una sciarada di colore e perfezione, altissima sartoria e vera passione...
John Galliano ha detto di essersi ispirato per la collezione al giardino di "Les Rhumbs", la casa d'infanzia di Monsieur Dior in Normandia...(una meta, tra l'altro, da non dimenticare, save the place, capito Sorelles?)...
Osservare i tulipani per ore assaggiandone i cambiamenti di luce, la consistenza, i movimenti impercettibili...questo ha fatto Galliano.
Vengono in mente il Bel meriggio d'or di Alice...e i suoi mirabolanti Tulli-tulli-tullipan.
Le gonne esplodono come fuochi d'artificio, i corpetti leggeri scoprono mille sfumature, come cinture nastri di rafia e in testa il cellophane dei mazzi (se n'è occupato Stephen Jones!)...
Ok. Smetto di parlare e vi lascio qualche foto.
I miei fiori preferiti in questo clamoroso Eden figlio del genio del più grande artista vivente...


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sabato 3 luglio 2010
Là dove cresce il dolore...Un abbraccio a Nicc
Questo strano inizio di estate ha preso tutte le carte che avevo girato in tavola e con modi bruschi me le ha buttate tutte a terra...
Poi non contenta, mentre io mi arrabattavo per raccoglierle e pulirne alcune che si erano sporcate, ha cominciato a sferrarmi calci sulla testa.
E io gridavo e dicevo "basta". E lei rideva e diceva "no".
Si aggiunge così ai miei drammi privati la nostizia dell'improvviso addio al mondo della figlia di un poeta straordinario, Niccolò Fabi.
La piccola Olivia è andata via ieri.
Io non lo so se ci sono parole che possono valere qualcosa se dette in un momento simile.
Non so se si possa fare altro che sperare di trovare da qualche parte, nelle stelle, nel sole, in un gatto, la forza di dare un senso ad una cosa così. Trovare il modo di trasformarlo, riplasmarlo...prendere quella materia nera, spessa, orribile e con le mani reimpastarla, mondarla, riempirla di fiori e farla diventare altro...farla diventare Amore.
Auguro questo a Nicc e a tutti quelli che in qualche modo stanno guardando in faccia con gli occhi spalancati e le mani che tremano il dolore.
"Là dove cresce il dolore è terra benedetta", Oscar Wilde.
Buon Viaggio Lulùbella.
Poi non contenta, mentre io mi arrabattavo per raccoglierle e pulirne alcune che si erano sporcate, ha cominciato a sferrarmi calci sulla testa.
E io gridavo e dicevo "basta". E lei rideva e diceva "no".
Si aggiunge così ai miei drammi privati la nostizia dell'improvviso addio al mondo della figlia di un poeta straordinario, Niccolò Fabi.
La piccola Olivia è andata via ieri.
Io non lo so se ci sono parole che possono valere qualcosa se dette in un momento simile.
Non so se si possa fare altro che sperare di trovare da qualche parte, nelle stelle, nel sole, in un gatto, la forza di dare un senso ad una cosa così. Trovare il modo di trasformarlo, riplasmarlo...prendere quella materia nera, spessa, orribile e con le mani reimpastarla, mondarla, riempirla di fiori e farla diventare altro...farla diventare Amore.
Auguro questo a Nicc e a tutti quelli che in qualche modo stanno guardando in faccia con gli occhi spalancati e le mani che tremano il dolore.
"Là dove cresce il dolore è terra benedetta", Oscar Wilde.
Buon Viaggio Lulùbella.
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